Un’ora per discutere della pillola abortiva in consiglio a Porto Sant’Elpidio, tutto il resto passa in seconda ma sull’anticoncezionale esplode il dibattito. E viene da chiedersi se vengano a mancare le idee in riviera per affrontare i problemi reali, dalla difesa della costa alla sicurezza, dal Gigli alla Fim.
Oramai il Partito Democratico è sul crinale dei diritti civili, vuole intestarsi la battaglia di libertà, dalle lotte per i lavoratori nelle fabbriche a quelle per potenziare i consultori il passo è breve. Prende corpo la discussione sulla pillola. Insieme firmano i consiglieri di maggioranza, salvo una lista civica coordinata da Livia Paccapelo, Porto Sant’Elpidio al Centro senza l’Udc nel simbolo ma con l’Udc nel cuore della coordinatrice.
Per il resto si accodano ai democratici i civici: la presidente del consiglio Milena Sebastiani dei Popolari per Porto Sant’Elpidio e i consiglieri delle altre due liste: Impegno Civico e La Città del Fare. Per carità, l’argomento è forte e tiene banco, tantopiù da quando la Regione di centrodestra si è espressa chiaramente contro la pillola nei consultori. Sono rispettosi dei diritti i progressisti ma dopo che la Ru486 approdò in consiglio regionale a dicembre e l’assessore Giorgia Latini disse la sua, comparvero cartelli minatori con scritto “la storia ce lo insegna, andiamo a bruciargli la casa”.
Cartelli affissi dalle reti per i diritti delle donne marchigiane. Sì, i diritti di quelle che non la pensano diversamente. Si capisce l’ideologia dietro la battaglia, la retorica ammantata di zucchero filato dietro la pillola che dal consiglio regionale approda al consiglio comunale a Porto Sant’Elpidio. Un Comune in mano al Pd. Silvia Santini del Pd chiede di potenziare le strutture extraospedaliere «per tutelare meglio la salute della donna e garantire il diritto alla vita aiutando la donna nel consultorio, potenziando il lavoro in queste strutture».
Il consigliere di Fratelli d’Italia Andrea Balestrieri ci mette una pezza «la pillola abortiva non va confusa con la pillola del giorno dopo, va somministrata in regime ospedaliero. Nei consultori e in day hospital non tutela la salute della donna». Il nodo è questo: i consultori non sono strutturati per questo tipo di servizio e sul punto sono d’accordo i promotori della mozione e chi vota contro. Resta il problema che non è di oggi né di ieri, è più antico. Il capogruppo di Fratelli d’Italia Giorgio Marcotulli si avvicina al nodo della questione: «troppo facile fare una legge e scaricare sui governatori l’onere di dover migliorare strutture fondamentali per la collettività, temo ahimè che le risorse siano insufficienti per dare molteplici risposte e per portare nei consultori specialisti adeguati a dare le dovute garanzie alle donne in questione».
La questione è tutta qui. Il ministro alla Salute Roberto Speranza ha lanciato la palla in tribuna, compie «il passo avanti di civiltà» chiedendo a «tutte le Regioni di adeguarsi». Un po’ pilatesco.