“E’ come se il mio negozio fosse diventato un luogo di appestati”. Quella di Luigi è la storia di un commerciante di prossimità che, dopo aver abbassato la serranda per quasi un mese perchè colpito dal virus, fa una grande fatica a ripartire.
“Tutto è cominciato un mercoledì pomeriggio – racconta -, mi chiama mia moglie che lavora a Porto Sant’Elpidio e mi dice: mi fa male tutto e credo di avere la febbre, torno a casa. Prima passo alla Croce Azzurra di Porto San Giorgio a fare un tampone”. Luigi, che risiede a San Michele di Fermo, sistema le cose e lascia chiudere alla sua collaboratrice. Prima di tornare a casa anche lui passa a fare il tampone, anche se lo aveva fatto 8 giorni prima perchè lavora col pubblico. Lui e sua moglie positivi al test rapido.
“Contattiamo subito il medico di famiglia – continua Luigi – e il pediatra per i figli. Ci isoliamo in casa, poi dopo due giorni la conferma dal tampone Asur. Ai figli ci viene consigliato di non fare nulla in assenza di sintomi. Tutti in casa con solo mia moglie con febbre, dolori e dopo 5 giorni assenza di sapori”. Negozio chiuso e quarantena fiduciaria anche per la collaboratrice. Dopo una settimana, in cui nessuna unità assistenziale si è sentita, inizia il calvario.
“Si ammalia mia madre che abita di sotto – dice – febbre e tosse: la cura del medico di famiglia abbassa la temperatura ma satura male. Proviamo con la bombola di ossigeno della farmacia. Il 118 prende tempo finché, con insistenza, si decidono a mandare l’ambulanza”. Per due giorni Luigi perde i contatti. “Tra pronto soccorso e reparti era impossibile avere notizie – continua- poi a malattie infettive è iniziato un rapporto costante con i medici. Soni stati fantastici, 10 giorni di preoccupazioni, poi i segnali di ripresa. Intanto i figli di 8 e 13 anni governavano casa con la spesa che arrivava grazie a mio cognato. Al 14esimo giorno chiamano per la raccolta rifiuti. Poi il 16esimo giorno torniamo a fare il tampone: positivi. Io mai avuto nulla, mia moglie tranne la spossatezza e la perdita del gusto era sfebbrata da 10 giorni.
Dopo 2 giorni ci chiamano dal servizio igiene: niente più tamponi, passati i famosi 21 giorni da asintomatici potevano tornare in attività”. Senza la certificazione della negatività Luigi e sua moglie non se la sono sentita di tornare a vivere il mondo. Anche i figli ancora senza scuola. Tanti messaggi da parte di chi era preoccupato per la serranda chiusa poi dopo il molecolare negativo al 26esimo giorno la brutta e difficile ripartenza. ” Mi sono preso altri 3 giorni dalla negatività prima di riaprire il negozio – spiega lo sconsolato commerciante – ed è stato il lunedì più nero: 2 clienti al mattino e 3 il pomeriggio. Passavano i giorni e non riuscivo a ritrovare il movimento: tra messaggi e contatti ho scoperto che i miei clienti avevano paura di essere contagiati e non entravano nel mio negozio. Questo è il covid una malattia che uccide fisicamente e psicologicamente mettendo in ginocchio anche il lavoro”.
Luigi continua ad essere li, luci accese come sempre, ad accogliere con sorriso il ritorno alla normalità.