Nel bel mezzo delle Feriae Augusti quando tutto il mondo si stava godendo l’agognato riposo, i talebani si sono ripresi l’Afghanistan. Kabul, una città di 4 milioni e mezzo di persone, è caduta nel giro di poche ore mentre tutte le missioni diplomatiche si davano alla fuga con ogni mezzo possibile. L’aeroporto Hamid Karzai la sera stessa è stato preso d’assalto dai civili nel tentativo di salire su gli ultimi voli in partenza. Una disfatta totale dopo anni di guerre, di morti tra civili e militari, intanto la popolazione afghana si ritrova da sola a fronteggiare un futuro drammatico ed incerto.
Nonostante le rassicuranti dichiarazioni di Zabihullah Mujahid il portavoce dei Talebani che ha detto: “vogliamo assicurarci che l’Afghanistan non sia più un campo di battaglia, abbiamo perdonato tutti coloro che hanno combattuto contro di noi. La guerra è finita”, il pragmatismo e la pacatezza ostentati in favore di telecamere non sono molto convincenti. La memoria delle efferatezze che i Talebani hanno commesso durante la loro prima stagione al potere è ancora viva. I Talebani infatti hanno già iniziato una caccia all’uomo, stanno cercano casa per casa i giudici donna, alleati ed ex collaboratori di americani ed europei.
Intanto, le allarmistiche dichiarazioni di alcuni governanti europei paventano una possibile ondata migratoria. Ma pochissimi si sono domandati se la previsione di un’ondata migratoria sia plausibile e se realmente l’Europa stia facendo tutto quello che sarebbe alla sua portata fare di fronte alla crisi afghana. La risposta per tutti e due i quesiti è NO!
La crisi in Afghanistan molto probabilmente non porterà una nuova “ondata migratoria”. Sicuramente popolazioni afghane che vorrebbero raggiungere in maniera anche irregolare l’Europa ce ne sono, e sicuramente la crisi odierna farà aumentare il loro numero, ma è bassa la possibilità che queste persone arrivino in massa nei paesi europei e in tempi brevi.
Tra il 2008 e il 2020 i paesi europei – compresi Regno Unito, Norvegia e Svizzera – hanno ricevuto 600.000 richieste d’asilo da parte di persone afghane, ne sono state accolte 310.000.
Ci sono dunque 290.000 afghane e afghani a cui è stata negata la richiesta di asilo, e di queste persone, circa 70.000 sono già state rimpatriate. In Europa ci sarebbero quindi oltre 300.000 afghani che necessitano di protezione, e la metà dei quali dati da donne e minori.
Per il momento gli stati d’Europa hanno sospeso i rimpatri nelle settimane precedenti alla presa di Kabul da parte dei talebani, ma questo non è sufficiente. La presidente della Commissione Europea ha dichiarato che aiutare le popolazioni afghane è “un dovere morale” dell’Unione Europea ed è pronta a fornire fondi agli stati che favoriranno il reinsediamento dei rifugiati.
Ma alle sue parole fa eco la voce dei paesi del “gruppo di Visegràd”. Il blocco europeo di leader politici di estrema destra anti-immigrazione guidati da Polonia, Ungheria, e Slovenia che sono contrari alla creazione di corridoi umanitari, a cui nelle ultime ore si è accodato anche il presidente francese.
Le ACLI ritengono che l’Europa e la Comunità internazionale debbano farsi carico dei rifugiati Afghani proteggendoli con l’istituzione di corridoi umanitari, ma soprattutto occorre non essere più impreparati come accaduto nel 2015, fornendo rapidamente il maggior sostegno possibile ai paesi confinati con l’Afghanistan per aiutare e mettere al sicuro i profughi. Altra azione che l’Europa e l’Italia deve immediatamente attivare sono le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato sia ai 310.000 mila afghani già in Europa, sia agli altri profughi in fuga dai Talebani. La normativa a livello Comunitario esiste già ed è la direttiva 2001/55 CE la quale concede la protezione temporanea nel caso di arrivo massiccio nell’Unione Europea di persone che non possono rientrare nel loro paese, in particolare in caso di guerra, violenze o violazioni dei diritti umani. Sono escluse dal beneficio della protezione temporanea le persone sospettate di crimine contro la pace, crimini di guerra, reati gravi di natura non politica, azioni contrarie alle principali finalità delle Nazioni Unite e sono escluse tutte quelle persone che rappresentano un pericolo per la sicurezza dello Stato membro che li ospita.
*dal Presidente Acli Fermo dott. Maurizio Petrocchi